martedì 30 settembre 2014

Barnard: De Bortoli sa chi sono davvero i poteri forti?

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Matteo Renzi minacciato dai Poteri Forti è la più indicibile puttanata mai scritta da un giornalista negli ultimi 160 anni. Ferruccio De Bortoli è un comico formidabile, giuro che ho riso due giorni su ’sta stronzata, non sa di cosa parla. Prima di tutto Renzi conta per i Poteri Forti come un attaccante del San Giuliano di Mezzadrino conta nella nazionale del Brasile. Ma poi, cosa sono per te Ferruccio i Poteri Forti? Per caso quella faccia da uovo di John Elkann e la Fiat che tirano i fili del tuo pupazzetto? Madonna, sono 100 anni che fanno le più brutte auto del mondo coi soldi dei contribuenti (dovremmo esultare che se ne vanno, ’sti parassiti dello Stato), e la loro finanziaria, la Exor, è un nano confronto ad altri gruppi (vedi sotto). Confindustria, Ferruccio? Quelli che ti tiravano i fili prima? Squinzi è il secondo uomo più stupido del mondo, e credo che Jeffrey Immelt manco sappia che esista. La Massoneria? Nooo, no. De Bortoli, non ci siamo.
Vogliamo parlare di Poteri Forti? Allora che ne diciamo di Bill Gross, l’ex di Pimco? Controlla fondi d’investimento superiori a tutto il Pil della Germania… no, Bill Grossdico, ’sto tizio da solo ha più potered’investimento di tutta la Germania messa assieme. Solo lui. Poi ha altri amichetti che seguono (Black Rock?). E vogliamo parlare dei signori Derivati e di chi li controlla? Sai quanti soldini sono Ferruccio? Sono 710.000.000.000.000 di dollari. E’ 10 volte il Pil di tutto il mondo in mano a una quarantina di banche. Oplà. O vogliamo parlare del “Council on Foreign Relations” e del “National Endowment for Democracy” Usa? Quelli in un pomeriggio fanno scoppiare due ‘rivoluzioni colorate’ e quattro guerre nel mondo, e se poi ci mettiamo il caro Zbignew Brzezinsky, questo tipo con una telefonata manda in colite spastica tutta la famiglia reale saudita.

Missione compiuta, l’Italia muore: la catastrofe in cifre

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Un paese in ginocchio, mutilato, raso al suolo dalla crisi inasprita dall’euro e dal regime di austerity imposto da Bruxelles per mantenere in vita la moneta unica. L’Italia sta letteralmente andando a pezzi: tutti se ne accorgono ogni giorno, mentre la disoccupazione dilaga, i consumi crollano, i negozi chiudono e le aziende licenziano. Ma il panorama si fa ancora più impressionante se si osservano, tutti insieme, i numeri della catastrofe. E’ quello che ha fatto il blog “Sollevazione”, pescando tutte le cifre ufficiali degli indicatori-chiave. Un bollettino di guerra, voce per voce. Produzione e ricchezza, industria e redditi, debito e risparmi. L’Italia in rosso, che sta precipando lontano dalla sua storia, senza neppure capire perché. Ognuno combatte, da solo, contro continui rovesci: non ci sono spiragli, non c’è alcuna “ripresa” nemmeno all’orizzonte. Ma nessuno racconta davvero l’assedio del panico, la paura sciorinata dai “crudi numeri”, che forse non fotografano «le dimensioni effettive del disastro economico e sociale che vive l’Italia», però «ci aiutano a comprenderlo».
Secondo gli analisti di “Sollevazione”, la resa matematica dell’Italia rivelata dai conti – la lingua spietata del pallottoliere – permette anche di «capire Elsa Fornero e Mario Monticome le politiche austeritarie per tenere in piedi l’euro, il sistema bancocratico e il capitalismo-casinò, abbiano affossato il nostro paese», il cui Pil ha perso 8,7 punti percentuali a partire dal 2007, inclusa la manipolazione dello spread che ha “armato” la gigantesca manomissione operata da Monti e Fornero, con la loro “spending review” e la riforma-suicidio delle pensioni. Un’agenda peraltro proseguita da Letta: tagliare la spesa, ben sapendo che il “risparmio” dello Stato manda in crisi il settore privato, facendo calare il gettito fiscale e quindi esplodere il debito pubblico. Matteo Renzi? Niente di nuovo: neoliberismo puro, a cominciare dal Jobs Act per precarizzare ulteriormente il lavoro. Aggravanti: la neutralizzazione delle ultime difese sociali garantite dalla Costituzione, come vuole l’élite finanziaria, e l’eliminazione fisica dell’opposizione attraverso una legge elettorale come l’Italicum, definita peggiore – per le sue restrizioni – di quella che permise a Mussolini di consolidare il neonato regime fascista.

Ttip: nel regno di Cosmopolis, lo Stato sarà fuorilegge


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«Di certo non torneremo indietro. Guarderemo crescere la soglia di povertà da una parte, mentre dall’altra alcuni di noi potranno anche arricchirsi, viaggiare in limousine, guardare il caos fuori dai loro vetri. E dentro, sulle proprie fronti, tutto l’individualismo e la solitudine della contemporaneità. Avranno capito che il lavoro è limitante come lo Stato che una volta lo garantiva. Il capitale, invece – quello poco umano e molto finanziario – dà più sicurezze di arricchimento, è più veloce, più flessibile, più adatto alla propria volontà di potenza». Secondo Nicolas Fabiano, più che gli economisti e i politici sono proprio i visionari, gli scrittori come il Don DeLillo di “Cosmopolis”, a capire meglio i possibili orizzonti dell’umanità. Il libro, illuminato dalla trasposizione cinematografica di David Cronenberg, racconta un giorno poco quotidiano nella vita di un giovane miliardario. Si attraversa il quartiere di una città americana a bordo di un’auto di lusso. Sullo sfondo, il caos: il crollo dei mercati finanziari, la disoccupazione, la soglia sempre più alta tra chi ha e chi non ha. Ci stiamo arrivando, dopo vent’anni di globalismo esasperato.
L’accordo di Marrakech del 1994 segnò l’inizio di un nuovo viaggio per l’umanità, scrive Fabiano nel blog “L’Intellettuale Dissidente”, ricordando la Cosmopolisnascita del Wto, l’Organizzazione mondiale del commercio. Fine della guerra fredda e inizio del mondialismo. Dettaglio fondamentale: «Con il Wto in pratica si stabilivano regole “superiorem non recognoscens” rispetto a quelle degli Stati, l’inizio di una fase economica dellapolitica: se una multinazionale americana riteneva la norma di un altro paese ostacolo per i propri prodotti, chiedeva al suo governo di porre la questione al tribunale del Wto». Una possibilità di pressione senza precedenti nella storia. Ma «c’era ancora una presenza, un vaglio dello Stato in questione, seppur assoggettato a un interesse privato qual è quello della multinazionale». Ora, vent’anni dopo, le norme “sfavorevoli al mercato” sono state per buona parte rimosse. «L’Occidente, piegato alla volontà del mercato, aveva fretta di coinvolgere nel Wto anche la Cina: e così, a partire dal 2001, abbiamo aperto la porta a più di un miliardo di persone. Ora ci stiamo accorgendo dei mali di quel vaso di Pandora che vorremmo tanto richiudere».

Sola andata, un futuro da migranti. Garantisce il Pd

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Ne ha scritto la stampa italiana, ne hanno scritto il “Guardian” e “Le Monde”, ma noi che continuiamo a leggere restiamo ancora senza parole: il sindaco di Elmas, Valter Piscedda, paga il viaggio di sola andata ai giovani disoccupati che se ne vogliono andare. Sembra una barzelletta, invece è la realtà della classe politica sarda nel 2014. Eppure io me lo ricordo cosa scriveva Valter Piscedda, il sindaco di Elmas, nel suo sito istituzionale da candidato Pd alle elezioni regionali: «Il pensiero va anche ai più giovani: pensiamo a quei ragazzi che nonostante i loro studi non vedono prospettive. Questa situazione non è più sostenibile. Ecco perché ho deciso di candidarmi, è necessario invertire la rotta. Con Francesco Pigliaru presidente possiamo fare in modo che questa Sardegna riparta con rinnovata speranza». Quell’“invertire la rotta” suona oggi ironico, visto che la rotta suggerita da Valter Piscedda ai giovani di Elmas è quella che li porta fuori dalla Sardegna con un biglietto di sola andata e dita incrociate per un lieto futuro da emigrati.
Chi ha votato Francesco Pigliaru presidente e Valter Piscedda come suo consigliere regionale forse non aveva capito che la Sardegna che aspettava di Valter Piscedda con Renzi“ripartire con rinnovata speranza” lo avrebbe poi fatto con un bando che le regalava un viaggio di sola andata per emigrare. Il gesto del sindaco di Elmas significa solo una cosa: «Andatevene: qui non c’è speranza, non solo perché non c’è lavoro, ma anche perché chi vi governa, cioè io nel paese e la mia maggioranza in Regione, non ha la minima idea di come cambiare le vostre condizioni». Un atto di resa politica avvilente e offensivo, che fa venire voglia di chiedere a Valter Piscedda e al Partito Democratico sardo: ma se non avevi idea di come provare a risolvere il problema della disoccupazione, perché diamine ti sei candidato sindaco? Se la tua giunta non ha alcuna risposta da dare ai giovani disoccupati, perché diamine vi siete fatti eleggere al governo della Sardegna?

Assange negli Usa? E’ un ologramma

Fabbriche senza padroni: la risposta operaia alla crisi

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intervista a Andrés Ruggeri di Marco Zerbino

Nell'Argentina del post-2001, mentre un intero paese oscillava pericolosamente sull'orlo del baratro a causa di anni di politiche economiche neoliberiste imposte dal menemismo, si sono moltiplicati esempi di fabbriche e imprese recuperate e autogestite dai lavoratori. Casi poi diventati emblematici come quelli della Zanon o della Chilavert rimandano in realtà a un fenomeno ben più ampio, che ha visto diversi stabilimenti e unità produttive portati al fallimento da manager senza scrupoli rinascere, sia pure fra mille difficoltà, salvando posti di lavoro e dimostrando, ad un tempo, che è possibile produrre anche senza padroni. Un processo, reso celebre anche da The Take, il bel documentario diretto nel 2004 da Naomi Klein e Avi Lewis, che nell'Europa della crisi e dell'austerità è fonte di ispirazione per lotte ed esperimenti analoghi moltiplicatisi negli ultimi anni in Francia, Grecia, Turchia e altri paesi. Fra questi, possiamo annoverare oggi anche l'Italia grazie agli esempi della RiMaflow di Milano e delle Officine Zero di Roma. 

SIMPLE GOOGLE TTS LA SINTESI VOCALE DIRETTAMENTE DA TERMINALE LINUX

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Grazie a Simple Google TTS possiamo utilizzare la sintesi vocale di BigG direttamente dal nostro terminale Linux.

Per chi non lo sapesse la sintesi vocale è una tecnica che ci consente di riprodurre la voce umana per leggere testi, messaggi, ecc. Negli ultimi anni sono approdati molti sistemi text-to-speech (TTS) disponibili sia come software che servizio web con la possibilità di poter convertire facilmente un testo o un'intero documento in parlato (da notare che esistono anche sistemi in grado di convertire simboli fonetici in parlato). Per noi utenti Linux è disponibileSimple Google TTS, utile tool che ci consente di avere un sistema di sintesi vocale da poter utilizzare direttamente dal nostro terminale Linux.

Simple Google TTS è un software open source che si basa sulle API Text-to-speech di Google che ci consentono di trasformare u normale testo in parlato. Semplice e funzionale possiamo convertire in parlato una frase o un'intero file di testo in molte lingue (compresa la lingua italiana).

Installare / utilizzare Simple Google TTS in Debian, Ubuntu e derivate è molto semplice, per prima cosa dovremo installare alcune dipendenze indispensabili per il software. Basta avviare il terminale e digitiamo:

Storie dell'altro Mondo: si può fare! Venezuela, il governo occupa un’impresa Usa.


Venezuela. Il vicepresidente e gli operai riaprono le fabbriche di detersivo della Clorox. Le fab­bri­che chiu­dono? Governo e ope­rai for­zano le ser­ra­ture e le ria­prono. Fun­ziona così nel Vene­zuela socia­li­sta, dove la parola dei lavo­ra­tori si fa sen­tire, senza biso­gno di ridursi a lamento tele­vi­sivo.


il manifesto Geraldina Colotti
30est1-venezuela-fabbrica-clorox  Ha fun­zio­nato così nelle due sedi della com­pa­gnia sta­tu­ni­tense Clo­rox, negli stati di Miranda e Cara­bobo. «Abbiamo aperto i luc­chetti e siamo entrati. Gli impren­di­tori se ne sono andati lasciando un loro rap­pre­sen­tante in Argen­tina e un avvo­cato qui da noi», ha detto ai gior­na­li­sti il vice­pre­si­dente della Repub­blica, Jorge Arreaza che ha accom­pa­gnato gli ope­rai. Pochi giorni fa, l’impresa aveva lasciato tutti a casa: lamen­tando restri­zioni impo­ste dal cha­vi­smo, inter­ru­zione nella for­ni­tura del mate­riale e insi­cu­rezza eco­no­mica. Gli ope­rai ave­vano pro­te­stato bloc­cando il traf­fico e ave­vano chie­sto l’intervento del governo.
E il governo ha rispo­sto: in linea con l’atteggiamento che guida la «rivo­lu­zione boli­va­riana» fin dai pri­mordi. «Gli impren­di­tori hanno vio­lato la Legge del lavoro per il pro­prio tor­na­conto, get­tando per strada oltre 474 per­sone — ha spie­gato Arreaza in uno dei due impianti — siamo qui per rimet­tere le cose a posto con un’occupazione tem­po­ra­nea». Dopo la chiu­sura della fab­brica, il 22 set­tem­bre, i lavo­ra­tori si sono riu­niti fra loro e con rap­pre­sen­tanti del par­la­mento, del mini­stero del Lavoro, del Com­mer­cio e dell’Industria e hanno messo a punto un piano di inter­vento e di gestione: «Se aves­simo avuto un governo capi­ta­li­sta oggi più di 780 lavo­ra­tori non avreb­bero alcuna spe­ranza di recu­pe­rare il posto», ha detto il dele­gato Luis Piñango, rias­su­mendo i ter­mini della vicenda.

Napoli contro il vertice Bce. Come, perché, l'aria che tira.


Napoli: Intervista ad Alfonso De Vito, attivista dei movimenti di lotta napoletani a proposito delle contestazioni contro il Vertice della BCE previsto il 2 ottobre.

contropiano.org intervista a Alfonso De Vito
Napoli contro il vertice Bce. Come, perché, l'aria che tira

Ci spieghi l'appuntamento di lotta che state costruendo a napoli per il prossimo due ottobre in occasione del vertice della Bce?
E’ un appuntamento Istituzionale preparato in sordina, le prime notizie sono emerse solo all’inizio di settembre. Questo ha impedito una costruzione e una convocazione internazionale per un vertice sicuramente rappresentativo dei poteri forti e delle tecnocrazie del continente. Insieme a Draghi e ai Governatori delle diciotto banche centrali della UE, da quel che si è saputo nelle ultime ore, ci saranno quel giorno a Napoli anche il Presidente della Commissione Europea Barroso, Napolitano e ovviamente i ministri del governo italiano che è nel semestre di presidenza europea. Tuttavia, malgrado il poco tempo a disposizione, le esperienze di movimento dell’area metropolitana e molti segmenti del disagio sociale stanno rispondendo con grande convinzione. La mobilitazione potrebbe essere perfino più pervasiva di quel che ci aspettavamo. Verranno anche diversi gruppi di attivisti soprattutto dalle città del centro sud. Per tantissime persone non c’è da spiegare le ragioni della rabbia sociale verso i signori della BCE e della Troika: negli ultimi anni sono apparsi come la sorgente autoritaria e antidemocratica di tutte le politiche antipopolari adottate dai governi nazionali sulla precarizzazione del lavoro, sulla spending review e i tagli alla spesa sociale. Governi tecnici e politici stracciati o composti nel giro di pochi giorni sulla base degli input che arrivavano da Bruxelles. E al tempo stesso l’utilizzazione di quegli input come giustificazione di una nuova sintesi politica degli interessi forti nel nostro paese in un momento di grande delegittimazione sociale della “casta”.

Ideologia e forza, senza mediatori.


Renzi lo aveva promesso appena un paio di giorni prima: sarò violento. Chi pensava che scherzasse si deve ricredere. O almeno prendere atto che siamo in presenza – da tre anni a questa parte, ma con più velocità da quando il guitto di Pontassieve siede a palazzo Chigi – di un cambio di regime in molti sensi “epocale”.
 
contropiano.org Dante Barontini
Ideologia e forza, senza mediatoriLa violenza discende dalle cose, ovvero dalla gravità irrimediabile della crisi economica – specialmente per un paese con le nostre caratteristiche – e dalla precarietà assoluta della “nuova classe dirigente”. Un pugno di uomini e donne selezionato con il metodo del casting (tanto quanto il parterre berlusconiano), rapidamente formato a sparare poche frasi sempre uguali (“lo facciamo per gli italiani”, “ci interessiamo dei precari”, “non facciamo ideologia, ma cose concrete”, ecc), consapevole di essere stato messo su quella poltrona per un miracolo del caso. E altrettanto consapevole che la propria stagione da prima pagina durerà poco. Altri già sono in seduta di formazione per sostituirli, tanto non serve sapere granché. Il copione verrà loro consegnato giorno per giorno, le “cose da fare” vengono scritte a Bruxelles, Francoforte e Washington. Qui si esegue e basta. Violentemente e rapidamente.
Lo ha ammesso lo stesso Renzi, in pieno psicodramma della direzione Pd, indicando ai vecchi tromboni ex Pci la porta di uscita definitiva dalle poltrone importanti: “se questo programma non lo realizziamo noi, verrà la Troika a farlo”. Tutto il residuo problema della “politica” nazionale è dunque individuare chi lo fa, non che cosa fare. Renzi è stato scelto, per ora. Perché anche a Bruxelles sanno benissimo che un governo troppo facilmente individuabile come “della Troika” richiamerebbe su di sé troppa opposizione sociale e politica; mentre un esecutivo capace di captare per qualche tempo “consenso” può silenziare più facilmente le varie reazioni (da quelle popolari fino a quelle della “casta perenne”).
Il cambiamento è violento. Sempre. Implica gente che perde molto, a volte tutto: diritti, posto di lavoro, certezze, salario, patrimonio, vita. Significa che qualcuno vince altrettanto molto, guadagnando in ricchezze, patrimonio, status, potere sugli altri.

Marijuana, “da Colorado e Washington 800 milioni di dollari per il fisco”.

Marijuana, “da Colorado e Washington 800 milioni di dollari per il fisco”E' la previsione dei due Stati Usa che hanno liberalizzato la sostanza. Stime previste per il 2017 e il 2019 che dovranno essere confermate nei prossimi mesi. Finora la legalizzazione ha avuto effetti positivi su diminuzione della criminalità e creazione di nuovi posti di lavoro. E nel 2016 anche la California pensa a un referendum consultivo.

Più di 800 milioni di introiti fiscali dalla marijuana. E’ la previsione che fanno le autorità di Colorado e Washington, gli Stati americani che ne hanno legalizzato vendita e consumo. Si tratta, per il momento, soltanto di stime, che dovranno essere confermate nei prossimi mesi. Washington si aspetta 637 milioni di dollari entro il 2019; il Colorado pensa di raccoglierne 174,5 entro il 2017. L’enorme differenza di previsioni dipende dal fatto che il Colorado ha legalizzato la marijuana a gennaio – lo Stato di Washington lo ha fatto a luglio – e ha avuto più tempo per elaborare i dati. In attesa di numeri più precisi, un dato sembra inequivocabile: l’aiuto che la marijuana darà alle traballanti casse dei due Stati.

"Lavoratori Prrrrrrr". La direzione del Partito democratico abolisce l'Articolo 18.


Matteo Renzi porta a casa il si' della direzione del Pd a un documento che modifica la delega lavoro e quindi azzera l’articolo 18 impedendo il reintegro. L'86 per cento ha votato a favore della linea del segretario (130 componenti) e le minoranze si sono divise tra astenuti (11 voti)e contrari (20 voti).

controlacrisi.org fabio sebastiani
I "dialoganti" di Area riformista si astengono sul documento che cristallizza la relazione del segretario. Un fronte trasversale di venti che include Bersani e D'Alema, ma anche Fassina, Boccia, D'Attorre, Cuperlo, Damiano e Civati, vota no. In Parlamento, avverte pero' Renzi, tutti dovranno adeguarsi. Da oggi il testo della legge delega sara' all'esame del Senato e la battaglia si spostera' su alcuni emendamenti.

La lunga discussione, oltre quattro ore, della direzione Pd sul Jobs Act ha visto momenti di grande tensione con gli interventi i Massimo D'Alema e Pierluigi Bersani, mentre Renzi ha spronato la direzione a "superare i tabu' del passato" e ha posto due elementi di metodo: nessuno usi la clava, "se la minoranza non sono i Flinstones, io non sono la Tatcher", e se e' vero che serve un compromesso, non lo si deve raggiungere "a tutti i costi". Renzi ha aperto al confronto con i sindacati, e ad un certo punto ha dato mandato a Lorenzo Guerini, apprezzato da tutti proprio per le sue doti diplomatiche, di trattare con la minoranza per un documento finale comune. La mediazione, però, è saltata: le minoranze hanno votato in ordine sparso.
Il Pd, ora, forte del suo 41 per cento non deve temere "le trame altrui", i "poteri aristocratici". Ora "dobbiamo andare all'attacco" togliendo le posizioni di rendita ai tanti che ne hanno goduto. Detto questo "se vogliamo dare diritti ai lavoratori, non lo facciamo difendendo una battaglia che non ha piu' ragione di essere", come quella sull'articolo 18.

Lavoro. Cancellare l’articolo 18 indebolisce la legalità.

Il progetto di abolire le tutele previste dall’art. 18 non rappresenta un’innovazione che apre la strada al futuro ma una regressione ad un’epoca in cui le relazioni industriali erano regolate esclusivamente dai rapporti di forza a prescindere dal diritto.



micromega di Domenico Gallo
Di fronte alle mistificazioni con le quali si tenta di ingannare l’opinione pubblica, occorre precisare che l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori non interviene sulla libertà di licenziamento, che resta regolata dal principio della giusta causa o del giustificato motivo; si tratta di una norma-sanzione che reprime il licenziamento ingiustificato, cioè illegale, eliminandone gli effetti.
L’abolizione dell’art. 18, quindi, non incide sulla libertà di licenziamento (che resta regolata dalla legge), bensì sulla repressione del licenziamento illegale, consentendo ai forti ed ai furbi di sottrarsi all’osservanza delle regole.
Tale sanzione rappresenta l’architrave per la tenuta di tutto l’edificio dei diritti, sancito dallo Statuto dei diritti dei lavoratori, che tutela la dignità del cittadino lavoratore nei confronti del potere privato.

Infatti da lungo tempo la giurisprudenza della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione hanno rilevato che i diritti nascenti dal rapporto di lavoro possono essere esercitati, in costanza di rapporto, soltanto in presenza di un regime di stabilità reale.

Lavoro, Cnel: "Impossibile tornare ai livelli occupazionali pre crisi".

Lavoro, Cnel: "Impossibile tornare ai livelli occupazionali pre crisi"Il tasso di disoccupazione dovrebbe scendere intorno al 7%, ma servirebbero 2 milioni di nuovi posti di lavoro entro il 2020: un'ipotesi che "sembra irrealizzabile" secondo gli scenari simulati nel Rapporto sul mercato del lavoro. Potere d'acquisto indietro di un decennio.

repubblica.it

MILANO - Tornare ai livelli occupazionali precrisi? Per il Cnel è impossibile. Secondo il Comitato nazionale di economia e lavoro perché il tasso di disoccupazione scenda intorno al 7%, come prima dello scoppio della crisi, servirebbe la "creazione da qui al 2020 di quasi 2 milioni di posti di lavoro". Un'ipotesi che "sembra irrealizzabile" secondo gli scenari simulati dal Cnel nel Rapporto sul mercato del lavoro.
Allargando il campo anche gli inattivi disponibili e ai disoccupati parzionli, cioè "nella definizione più ampia il tasso di disoccupazione" è "giunto a superare il 30% nel 2013, senza peraltro mostrare segnali di rallentamento nella prima parte del 2014". Poco spazio, quindi, all'ottimismo: "I progressi per il mercato del lavoro italiano - prosegue il Cnel - non potranno che essere molto graduali. Il sistema potrebbe iniziare a beneficiare di un contesto congiunturale meno sfavorevole non prima dell'inizio del 2015". E sarebbe, sottolinea, già "la migliore delle ipotesi".

Lavoro, Renzi spacca la minoranza in direzione Pd: “Li ho spianati”.

Il presidente del Consiglio esulta dopo il voto nella riunione del Partito democratico. Gli oppositori nonostante i toni forti escono frammentati tra chi si astiene e chi invece vota contro. La partita si sposta a Palazzo Madama, ma tra i calcoli dei dissidenti c'è anche il pericolo di elezioni anticipate e di perdere la poltrona.

Lavoro, Renzi spacca la minoranza in direzione Pd: “Li ho spianati”“Niente sarà più come prima. L’operazione è riuscita, abbiamo una maggioranza schiacciante. Adesso speriamo non facciano scherzetti in Aula…”. A notte fonda quando il premier Matteo Renzi nella veste di segretario si trasferisce al terzo piano di Palazzo Chigi per tirare le somme con i fedelissimi Lotti, Guerini, Delrio e Boschi, la vittoria è sotto gli occhi di tutti. “La vecchia guardia è spianata”, avrebbe detto il segretario democratico i suoi secondo quanto riporta il Corriere della Sera. In un colpo solo l’ex sindaco di Firenze riesce nell’impresa di tenere tutti dentro: apre “la sala verde” ai sindacati, strizza l’occhio agli imprenditori, mantiene la normativa attuale sul reintegro in caso di licenziamenti non solo “discriminatori” ma anche “disciplinari”. E per giunta incassa un risultato che gli sherpa del premier definiscono “importantissimo”. Ovvero, spacca una minoranza che fino a ieri appariva un monolite ricompattato e indistruttibile.

La deflazione dei diritti e la rottamazione del dizionario politico.

Facciamo un gioco: se la deflazione – come dicono i manuali di economia – è quella fase di contrazione o di stagnazione o di sviluppo nettamente inferiore al normale, della produzione e del reddito, allora oggi (ma in progressione crescente a partire dai primi anni ’80 del ‘900) siamo in piena deflazione politica, civile e sociale. I diritti sociali si contraggono in nome della competitività; la democrazia ristagna sotto il mantra delle larghe intese e della coesione nazionale e del ‘lo impongono i mercati’; i diritti politici e civili sono progressivamente compromessi.



di Lelio Demichelis
Deflazione. E non recessione. Perché la deflazione – rispetto alla recessione – viene determinata anche dai comportamenti della politica, che appunto producono (consapevolmente o per la reiterazione di un errore) un arresto dello sviluppo. E se questa fase di crisi economica in Europa è l’effetto delle politiche di austerità di questi ultimi anni – politiche lapalissianamente surreali ma in realtà adottate e perseguite con ostinazione in nome della prosecuzione con altri mezzi di quell’ideologia neoliberista che ha portato il mondo (e soprattutto l’Europa) allo sfascio ma che resta saldamente al potere – ebbene era evidente da subito che questa fase sarebbe stata anche l’occasione ulteriore (un’occasione ghiotta, da non perdere) per accentuare ancora di più lo smantellamento dello stato sociale nato nel secondo dopoguerra e per de-democratizzare il capitalismo (ovvero per far regredire il sistema rispetto alla sua fase di democratizzazione avvenuta in quelli che si definiscono come i gloriosi trent’anni).

Storie dell'Altro Mondo. Chiapas. Il momento di agire.



Chiapas. Il momento di agirePer prima cosa hanno misurato la profondità e l’estensione dell’orrore che in questo tempo ci circonda, poi hanno condiviso il dolore. Saranno i prossimi mesi a rivelarci tutta l’importanza dell’incontro di condivisione che si è tenuto in agosto tra il Congresso Nazionale Indigeno e l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale. La Condivisione è un’esperienza di lotta, dove si è visto come il dolore possa diventare rabbia e poi determinazione ad agire e dunque, in una sequenza oggi assai più evidente, ribellione come esercizio di libertà.
contropiano.org Gustavo Esteva *

La speranza, hanno sottolineato a La Realidad, siamo noi. E noi abbiamo dei compiti: il primo, il più urgente e importante, è saper ascoltare quel che i popoli hanno da dire e fare loro da cassa di risonanza. Per ascoltare bisogna però essere disposti a trasformare, l’ascolto deve farsi azione, e a trasformarsi. Mentre dice No, la resistenza deve costruire il mondo nuovo: quelli che stanno in alto distruggono, noi, in basso, costruiamo.

Napoli. Bloccare il vertice della Bce. Manifestazione 2 Ottobre 2014.


Napoli. Bloccare il vertice della Bce. Manifestazione

Il Tribunale per i Diritti dei Popoli accoglie il ricorso dei No Tav.


Il Tribunale per i Diritti dei Popoli accoglie il ricorso dei No Tav

Il 14 giugno scorso i membri del Controsservatorio Valsusa, l'organismo indipendente composto da uomini di legge, intellettuali e studiosi impegnati nel monitoraggio di tutte le vicende legate alla questione NoTav, avevano promosso un ricorso al Tribunale Permanente per i Diritti dei Popoli nel quale denunciavano la feroce ondata repressiva in atto contro il Movimento NoTav.
 
contropiano.org Adriano Chiarelli
Il Tribunale permanente per i diritti dei popoli, lo ricordiamo, nacque su impulso dell’ex partigiano Lelio Basso, il 4 luglio 1976 ad Algeri, sulle orme di quel Tribunale Russell fondato dieci anni prima da Bertrand Russell e Jean Paul Sartre con l'obiettivo di denunciare a livello globale i crimini commessi in Vietnam e in America Latina dagli Stati Uniti. Si tratta di un organo para-giuridico, ma di elevata importanza simbolica e culturale.
Il ricorso (qui il testo integrale: http://controsservatoriovalsusa.org/esposto-al-tpp/il-testo) sollevava, tra le altre, un'importante questione sul diritto degli abitanti della Val di Susa a non essere estromessi dai processi decisionali che riguardano la realizzazione dell'alta velocità nel loro territorio.
Sono infatti ormai venticinque anni che ogni rivendicazione territoriale avanzata dal movimento, riceve in risposta un giro di vite repressivo al quale puntualmente seguono arresti e processi.

Argentina, prima sconfitta per i fondi avvoltoi.


Nuova tappa nella vicenda che oppone il governo argen­tino ai fondi avvol­toi. Il giu­dice nor­da­me­ri­cano, Tho­mas Griesa, ha auto­riz­zato la Citi­bank a pagare i buoni del debito emessi in dol­lari secondo la legi­sla­zione argen­tina (circa 5 milioni di dol­lari) ai fondi che hanno rine­go­ziato con Bue­nos Aires. Un debito che rimonta al default argen­tino del 2001.

Il Manifesto Geraldina Colotti

Bue­nos Aires ha pun­tual­mente pagato la pro­pria rata nelle ban­che new­yor­chesi, ma Griesa l’ha bloc­cata il 26 giu­gno, pre­ten­dendo prima il paga­mento ai fondi avvol­toi: ovvero a quei fondi spe­cu­la­tivi che hanno lucrato sul default argen­tino, non hanno accet­tato di nego­ziare a pre­ten­dono l’intera somma.
Que­sta è la prima sen­tenza di Griesa che non va com­ple­ta­mente a loro favore: per ora la Citi­bank, pres­sata dall’incombere di multe salate da parte del governo argen­tino, potrà di pagare il dovuto entro il 30 set­tem­bre. Il giu­dice ha però con­cesso 30 giorni agli «avvol­toi» per pre­sen­tare ricorso. E non ha comun­que accolto gli argo­menti dell’avvocata Karen Wag­ner, della Citi­bank: secondo la quale i buoni, emessi in dol­lari secondo la legge argen­tina, riguar­dano il debito interno e non quello estero, e quindi non sono sog­getti alla clau­sola del paga­mento simul­ta­neo, che pro­tegge il diritto dei fondi speculativi.

Forenza: Cos’è successo a Regina Coeli, durante la visita a Nunzio D’Erme.


Eccoli, qui, siti e stampa, tutti a parlare del “collaboratore con la marijuana”: lo scandalo. Facciamo invece passare sotto silenzio la follia di una stretta repressiva che condanna Nunzio D’Erme al carcere per aver difeso un’assemblea pubblica da gruppi di estrema destra. Facciamo passare sotto silenzio l’orrore vissuto quotidianamente da chi nelle carceri è rinchiuso.
 
controlacrisi.org Eleonora Forenza
 Anzi, utilizziamo l’episodio per provare a dare una stretta alla prerogativa parlamentare di visitare gli istituti di pena, come ha già solertemente richiesto il sindacato di polizia Fns Cisl Lazio (e, infatti, non stupisce, purtroppo, che la notizia sia arrivata all’Ansa forse prima che al magistrato) oppure per far partire un ennesimo predicozzo proibizionista.
Cosa è accaduto? Sono andata a Regina Coeli, per una ispezione al carcere e per manifestare la mia solidarietà  a Nunzio. Con me Giovanni Russo Spena e un compagno che per i centri sociali e i movimenti segue la questione delle carceri. Collaboratori, dunque, in senso politico.  Nè io nè Giovanni nè Nunzio eravamo a conoscenza delle sue intenzioni: altrimenti avremmo impedito un errore così madornale, soprattutto per evitare prevedibili strumentalizzazioni che distorcono l’attenzione dai temi veri: la stretta repressiva contro i movimenti, a partire da quelli per il diritto alla casa (ribadisco qui tutta la mia solidarietà a Nunzio, Luca e Paolo, che mi auguro possano essere presto liberi); la percentuale elevatissima di migranti e tossicodipendenti nelle carceri italiane; le disumane conseguenze del sovraffollamento; le violenze che nelle carceri vengono perpetrate anche da esponenti delle forze dell’ordine, come dimostra il caso di Stefano Cucchi.
Penso che sia fondamentale che i deputati e i loro collaboratori continuino a visitare le carceri,  per rendersi conto di tutto questo; per denunciare gli scandali veri di questo paese.

Preavviso. Francesco Schettino, l'ultimatum di Domnica Cemortan: "Dì la verità, altrimenti parlo io".

SCHETTINO"Ti do sei giorni per dire la verità su quello che è successo immediatamente dopo aver dato l’annuncio di abbandono della nave. Solo sei giorni!". È l'ultimatum dato a Francesco Schettino da Domnica Cemortan, la ballerina moldava che era sulla Costa Concordia, in plancia a fianco del comandante, la notte del naufragio della nave da crociera.

Domnica ha pubblicato il suo avvertimento su Facebook il 24 settembre scorso. In un'intervista Oggi.it dà voce alla giovane donna finita nella bufera per la sua relazione col comandante .
Le presunte rivelazioni riguarderebbero, stando a quanto trapela dall'intervista, un momento preciso di quella notte maledetta: dopo aver dato l’annuncio di abbandono della nave Schettino sarebbe salito al ponte 11 della Concordia con Domnica e il maitre Ciro Onorato, per controllare la dritta della nave. "Cosa siamo andati a fare lassù?", si chiede la donna. "Il comandante dice che doveva controllare il lato a dritta della nave, quello verso l’isola. Perché non si fece accompagnare da altri ufficiali o sottufficiali? Perché chiese di seguirlo solo a me, che mi occupavo di accogliere gli ospiti russi e Ciro Onorato, il maitre, che a bordo si occupava di ristorazione? Cosa potevamo capire noi delle condizioni della nave?". La Cemortan fa intendere quindi che ci sia una verità mai svelata dietro questo comportamento e lancia l’ultimatum a Schettino: "Altrimenti a parlare sarò io".
Il termine indicato dalla moldava è il 30 settembre, ovvero questo martedì. Poi parlerà lei.

Tempi Moderni. Baby squillo, un anno di carcere (sospeso) e 1000 euro di multa ai clienti che patteggiano. Telefono Rosa: "Vergogna".

CLIENTEVia libera della procura di Roma a quattro patteggiamenti di clienti delle due minorenni che si prostituivano in un appartamento dei Parioli. Un anno di reclusione, con sospensione condizionale, ed oltre 1000 euro di multa: questa la pena concordata con la Procura dai quattro, accusati di prostituzione minorile.

Per la procura i quattro imputati per i quali è stato dato il via libera al patteggiamento non solo erano clienti delle due ragazzine ma erano anche consapevoli che fossero minorenni. Sono una sessantina i clienti, presunti o tali, indagati dal procuratore aggiunto Maria Monteleone e dal pm Cristiana Macchiusi nell'ambito dell'inchiesta sulle due ragazzine che si prostituivano in un appartamento ai Parioli.
Dopo il via libera ai quattro patteggiamenti, che consentirà agli indagati di evitare la scomoda pubblicità che sarebbe derivata da un dibattimento pubblico, gli inquirenti devono completare gli accertamenti sugli altri indagati. Tra questi Mauro Floriani, dirigente di Trenitalia e marito della senatrice di Forza Italia Alessandra Mussolini, e Nicola Bruno, figlio di Donato, parlamentare di Forza Italia. Per un gruppo di clienti è stata chiesta la proroga degli accertamenti. Per coloro che risultassero non avere avuto rapporti con le due ragazzine o che fossero ignari della loro minore età si prospetterebbe l'archiviazione del procedimento.
"Mille euro: tanto vale andare con una ragazzina": è duro il commento di Gabriella Moscatelli, presidente di Telefono Rosa, al via libera della procura di Roma a quattro patteggiamenti di clienti delle due minorenni che si prostituivano in un appartamento del quartiere Parioli.

Tutto il potere alle Multinazionali. Ttip, George: “Bruxelles ignora petizione contro accordo libero scambio Usa-Ue”.

http://tv.ilfattoquotidiano.it/2014/09/29/ttip-george-bruxelles-ignora-petizione-contro-accordo-libero-scambio-usa-ue/298674/Susan George, scrittrice franco-americana, icona mondiale del pensiero contro la globalizzazione neoliberista, critica la decisione della Commissione europea di non accettare l’iniziativa di legge popolare da un milione di firme contro il negoziato di libero scambio USA-UE (TTIP): “Decisione politica con motivazioni legali inconsistenti. Ma non ci fermeremo, continueremo la petizione come cittadini e associazioni, scriveremo a Jean-Claude Juncker e ci rivolgeremo anche alla Corte di Giustizia europea“. 

 di Alessio Pisanò LINK al VIDEO

Secondo la George, la decisione della Commissione Barroso – in carica fino a fine ottobre – è antidemocratica: “Il TTIP danneggerà tutti i cittadini europei a vantaggio per le grandi multinazionali perché minerà tutta la legislazione europea e darà un enorme potere alle corporation nei confronti degli Stati Ue”.

Bollette luce e gas, da 1 ottobre nuovi rincari. Pesano tensioni con Russia.

Bollette luce e gas, da 1 ottobre nuovi rincari. Pesano tensioni con RussiaL’incremento sarà rispettivamente dell’1,7% per la luce e del 5,4 per cento per il gas. Anche se, sostiene l’Autorità per l’Energia, per effetto dei nuovi "prezzi europei" il 2014 si chiuderà per una famiglia tipo con un risparmio complessivo di 84 euro rispetto ai 1.257 euro complessivi della bolletta del gas di tutto il 2013.
Come volevasi dimostrare, le tariffe di luce e gas si apprestano a salire. Dal primo ottobre, l’incremento sarà rispettivamente pari all’1,7% e al 5,4 per cento. Anche se, sostiene l’Autorità per l’Energia, per effetto dei nuovi “prezzi europei” il 2014 si chiuderà per una famiglia tipo con un risparmio complessivo di 84 euro rispetto ai 1.257 euro complessivi della bolletta del gas di tutto il 2013. Per il gas, le tensioni sui mercati legate agli attesi rialzi stagionali della materia prima e alla crisi russo-ucraina hanno determinato un incremento del 5,4% delle condizioni di riferimento trimestrali.

Nuovi assetti Istituzionali. CITTA’ METROPOLITANA: FINALITÀ ISTITUZIONALI GENERALI.

immagine“Al personale delle Città metropolitane si applicano le disposizioni vigenti per il personale delle Province; il personale trasferito dalle Province mantiene, fino al prossimo contratto, il trattamento economico in godimento.”


osservatorelaziale.it Redazione
La Città metropolitana è un Ente territoriale di area vasta, che persegue le seguenti finalità istituzionali generali:

- cura dello sviluppo strategico del territorio metropolitano;
- promozione e gestione integrata dei servizi, delle infrastrutture e delle reti di comunicazione di interesse della città metropolitana;
- cura delle relazioni istituzionali afferenti al proprio livello, ivi comprese quelle con le città e le aree metropolitane europee.


Alle Città metropolitane sono attribuite, oltre alle funzioni fondamentali delle Province e quelle ad esse assegnate nell’ambito del processo di riordino delle funzioni provinciali, le seguenti funzioni fondamentali:

lunedì 29 settembre 2014

Il Nostro Caro Renzi, eccone un altro! (ndr). Tfr, Rete imprese contro Matteo Renzi: "Impensabile in busta paga".

"In questa fase di perduranti difficoltà per il nostro sistema produttivo, è impensabile che le piccole imprese possano sostenere ulteriori sforzi finanziari, come quello di anticipare mensilmente parte del Tfr ai dipendenti".

STIPENDIOÈ quanto scrive in una nota il presidente di Rete Imprese Italia, Giorgio Merletti, a proposito della proposta fatta da Matteo Renzi durante la direzione del Pd.
"Dopo aver subito, soltanto nell'ultimo anno, una contrazione del credito erogato dal sistema bancario del 5,2%, pari a oltre 8 miliardi di euro -continua il presidente di Rete Imprese, Giorgio Merletti- ora alle piccole imprese verrebbe chiesto di erogare diversi miliardi in anticipazione del Tfr. Siamo di fronte alla 'misura perfetta', se si vuol dare una mano a far chiudere decine di migliaia di piccole imprese che stanno resistendo stremate da 6 anni di crisi e difendono in tal modo migliaia di posti di lavoro".
Secondo il Presidente Merletti "per i lavoratori il Tfr è salario differito, per le imprese un debito a lunga scadenza. Non si possono chiamare le imprese ad indebitarsi per sostenere i consumi dei propri dipendenti". "Va sottolineato infine - conclude Merletti - che il trasferimento di tutto il Tfr, o di una parte di esso, nelle buste paga significa azzerare la possibilità, per moltissimi lavoratori, di costruire una previdenza integrativa dignitosa".

Direzione Pd, sul lavoro D’Alema vs Renzi: “Fai affermazioni non attinenti alla realtà”.

La minoranza democratica contro il presidente del Consiglio. L'ex premier: "Non ci sono i soldi per questa riforma. Vorrei piuttosto politiche per incentivare la crescita". Bersani: "Qui metodo Boffo per chi non la pensa come te". Cuperlo: "Non c'è dominus, bisogna trovare una sintesi".
Direzione Pd, sul lavoro D’alema vs Renzi: “Fai affermazioni non attinenti alla realtà”La resa dei conti nel Partito democratico sul tema del lavoro va in scena alla direzione nazionale. Dopo i dibattiti sui giornali e a cavallo di Italia e Stati Uniti (dove Matteo Renzi era in viaggio nei giorni scorsi), è il tempo del faccia a faccia. Apre il presidente del Consiglio e lancia la sfida ai sindacati, senza escludere la possibilità di confronto. E nonostante si stia ancora trattando e l’accordo non sia definito Roberto Speranza, Gugliemo Epifani e Cesare Damiano stanno lavorando a un documento di mediazione con il vicesegretario del Pd, Lorenzo Guerini.
Nel corso della direzione risponde dura la minoranza Pd, guidata da Massimo D’Alema che fa i conti in tasca all’esecutivo: ”Ho sentito frasi che hanno scarsa attinenza con la realtà. Non è vero che l’articolo 18 è un tabù da 44 anni perché è stato cambiato 2 anni fa. Questa riforma costa più di 2 miliardi e mezzo e non bastano i soldi annunciati”. Duro anche l’ex presidente dem Gianni Cuperlo: “Non c’è un dominus nel Pd, si cerchi la sintesi”. Il presidente del Consiglio nel suo discorso iniziale dimostra di non voler cambiare obiettivo, ma si dice disposto a modificare (seppur di poco) la strada individuata per ottenerlo. E per questo si dice disposto ad un dialogo, anche con la minoranza democratica. La prima, importante novità è l’apertura di Renzi alle parti sociali: “Sono disponibile a riaprire la sala verde di palazzo Chigi per un confronto con Cgil, Cisl e Uil e tutti gli altri sindacati. Li sfido su tre punti: una legge sulla rappresentanza sindacale, il collegamento con la contrattazione di secondo livello e il salario minimo”. La minoranza democratica, che resta almeno nei numeri una piccola parte di quelli che poi voteranno contro (o si asterranno) spara però a zero sul segretario Pd. Se non fosse bastato il riscontro della “fattibilità degli annunci” di Massimo D’Alema (“Basta slogan”), arriva l’ex segretario Pd Pier Luigi Bersani: “Noi non andiamo nel baratro per l’articolo 18, ma per il metodo Boffo. Qui se qualcuno vuole deve poter dire la sua senza problemi”. Non è da meno Pippo Civati: “Su Rai 3 domenica sera ho visto un premier che diceva cose di destra, simili a quello che diceva la destra dieci anni fa”.
 Il discorso di Renzi: “Il rispetto del diritto costituzionale è nell’avere lavoro”

Frank Zappa - Chunga's Revenge (1970)

Guerra infinita, Foa: non è più possibile credere a Obama

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Nel libro “L’arte della guerra”, Sun Tzu «ha spiegato l’arte della dissimulazione e del sotterfugio, ma qui si sta esagerando». Giù la maschera, mister Obama: «Fu la Cia ad armare i mujaheddin e Bin Laden contro i sovietici, poi Bin Laden è diventato il nemico numero uno degli Stati Uniti. E fu Washington a sostenere Saddam contro l’Iran, poi Saddam è diventato il nuovo Hitler». Ricorda Marcello Foa: «Quando i Talebani imponevano un regime orribile in Afghanistan, l’America ignorò a lungo le loro nefandezze mostrando una benevola negligenza al punto di finanziare quel regime addirittura pochi mesi prima dell’11 Settembre, come dimostrato da una fonte insospettabile quale l’Istituto Cato. Ora tocca all’Isis e a nuovi gruppi spuntati dal nulla, vedi il Khorasan, che sembra il nome di un farmaco contro il colesterolo, ma che, come spiega il “Corriere della Sera”, è la nuova sigla del terrore, il nuovo erede di Al-Qaeda». E ora gli Usa fingono di non conoscere i loro ex amici dell’Isis, nati come costola dell’Esercito Siriano Libero per rovesciare Assad, poi divenuti Isil, quindi semplicemente Is, Islamic State, Califfato Islamico. Bersaglio perfetto, per mantenere il Medio Oriente nel mirino.
L’Isis, scrive Foa nel suo blog sul “Giornale”, rappresenta l’ala più estremista dell’Islam integralista sunnita, «un’ala fanatica, pericolosa, impresentabile: Marcello Foagente da tenere alla larga». Dunque, «i bombardamenti avvengono in nome di una causa che pochi non condividono inOccidente, tanto più dopo le immagini delle decapitazioni». Tuttavia, «l’altra sconvolgente verità» è che l’Isis «è stato finanziato da paesi arabi come il Qatar e i sauditi e sostenuto militarmente negli Stati Uniti, fino ad alcuni mesi fa, in nome della lotta alla Siria, ben sapendo che la distinzione tra ribelli “moderati” e quelli dell’Isis anti-Assad è risibile, come emerso nelle analisi più competenti e oneste pubblicate anche dalla grande stampa anglosassone». Si trattasse di un singolo errore, concede Foa, l’indulgenza sarebbe ovvia. Analizzando invece le linee fondamentali della politica estera statunitense, «il bilancio non può che essere molto negativo, e con uno schema che tende a ripetersi».

E Draghi si arrese a Keynes: lo Stato torni a spendere

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Debito pubblico, spesa pubblica, deficit positivo. Tradotto: o lo Stato finanzia direttamente l’economia, o è la fine per tutti. Chi l’ha detto? John Maynard Keynes, ovviamente, il padre dell’economia democratica moderna. Ma la notizia bomba, rileva Paolo Barnard, è che la stessa identica verità l’ha finalmente ammessa l’uomo-simbolo dell’infinita austerity europea, il “signor no” per eccellenza, il massimo esponente della dottrina del rigore senza via di scampo: Mario Draghi, nientemeno. Una storica inversione di rotta, dice Barnard, esternata solo grazie a un cronista del “Wall Street Journal”: viceversa, «tutto questo non l’avremmo mai saputo, dai nostri quotidiani». La data “storica” è quella del 9 settembre, in cui Draghi ha presenziato all’Eurofi di Milano. Per dire, al giornalista statunitense, che – nonostante il dogma neoliberista ripetuto all’infinito, quello dell’autosufficienza del mercato – senza l’intervento dello Stato l’economia muore, come dimostra la crisi europea. «Mario, quanto ci hai messo! Ma come ci insegna il Figliol Prodigo… welcome fra noi».
«Alla fine neppure lui ce l’ha fatta», scrive Barnard nel suo blog. Lui, Draghi, definito «’sto cadavere telecomandato dal neofeudalesimo e cresciuto a Paolo Barnardscudisciate neoliberiste», la scuola austriaca della destra economica europea, quella di Friedrich von Hayek (lasciare i poveri in miseria, aiutarli solo quel tanto che basta per evitare che la loro rabbia si trasformi in rivolta) e la dottrina iperliberista di Milton Friedman, altro nemico giurato dello Stato come fondamentale istituzione economica a guardia del benessere della comunità nazionale. Cattivi maestri, «da cui escono anche gli Alesina, Serra, Taddei, Boldrin o Giavazzi», vale a dire «gli unici tordi rimasti al mondo della serie “l’euro ha fatto tutto giusto, guai mollarlo”, cui seguono sbadigli e sghignazzi di Goldman Sachs, Jp Morgan, Krugman e altri principianti di questa sorta». Per una volta, il sovranista Barnard canta vittoria: «Draghi ha fatto outing, e si è strappato la camicia mostrando sul petto il tatuaggio di John Maynard Keynes. Ebbene sì!». L’ha fatto, aggiunge Barnard, perché ormai sconfitto dai numeri impietosi della recessione europea.