mercoledì 23 ottobre 2013

Capitalismo finanziario globale versus democrazia in Europa

di Alfonso Gianni*, da l'Unità, 22 ottobre 2013
Quando lo scorso giugno apparve un documento stilato dal management del colosso bancario statunitense Jp Morgan (peraltro condannato a pagare 13 miliardi di dollari per la truffa dei subprime) in cui si leggeva che: “le costituzioni europee, nate dall’esperienza della lotta al fascismo, mostrano una forte influenza delle idee socialiste”, qualcuno commentò che si trattava di un rigurgito reaganiano tra il nostalgico e il folcloristico negli Usa di Obama. 

Ma non è così. Quella dichiarazione impudica della Jp Morgan non è che la punta dell’iceberg di un lungo processo intervenuto nel moderno capitalismo finanziario globale che lo ha portato a contraddire sempre più duramente le forme e la sostanza della democrazia così come la abbiamo conosciuta nell’Europa occidentale post seconda guerra mondiale e come è stata codificata nelle Costituzioni nate in quel periodo, in primis la Costituzione italiana.

Si tratta in realtà di un lungo e complesso processo, il cui inizio può essere individuato negli anni settanta del secolo scorso. E’ in quel periodo che si sviluppa nei paesi capitalisti una reazione a quel movimento a tratti rivoluzionario, certamente democratico e emancipatorio che fu il ’68, che ebbe dimensione mondiale e toccò persino i paesi dell’Est, dove la repressione fu direttamente militare, come avvenne in Cecoslovacchia.


Nacquero in quel periodo nuovi e aggressivi think tank del pensiero neoliberista, come la Trilateral Commission. Altri, che preesistevano, ripresero vigore, come il gruppo Bildelberg o la Mont Pelerin society. Alcuni assunsero la dimensione di società segrete, come la famigerata loggia P2 nel nostro paese. Tutte queste organizzazioni, pur con diverse gradazioni e metodologie, predicavano l’indispensabile “semplificazione” della democrazia, giudicando la quantità di domande, ovvero di diritti avanzate dalle popolazioni sostanzialmente non risolvibili o accoglibili, quindi da controllare e da reprimere. 
Tali teorie sono presto uscite dalla semiclandestinità e sono diventare pensiero e pratica del neoliberismo su scala internazionale: il famoso pensiero unico.

Tutto questo non è avvenuto solo a livello istituzionale – da noi con gli attuali progetti di riforma in senso presidenziale della Costituzione – ma soprattutto al livello della struttura materiale della società. Il crogiuolo di questo cambiamento è stato il mondo del lavoro, ove l’importanza sociale di quest’ultimo è stata sempre più diminuita a favore di quella della impresa. Sia dal punto vista salariale, con un enorme spostamento dalle retribuzioni ai profitti e alle rendite della ricchezza sociale prodotta, sia dal punto di vista della perdita di diritti e di potere del lavoro. 

Negli anni zero di questo secolo si è apertamente teorizzato la fine della dualità tra capitale e lavoro, che quest’ultimo fosse una variabile dipendente del primo e che entrambi fossero sulla stessa barca in lotta per la sopravvivenza nella concorrenza internazionale, come disse Sergio Marchionne. Coerentemente le imprese multinazionali tendono a diventare isole giuridiche separate dalle Costituzioni e dalle leggi dei singoli stati, cercando di stabilire regole proprie – dal marcato segno antisindacale – in aperto contrasto con i principi costituzionali.

A ciò va aggiunto – particolarmente evidente in Europa ad eccezione, non a caso, della Germania – la crisi dello stato – nazione e la nascita di una governance europea del tutto costruita con criteri e metodi a-democratici. Se non si cambia radicalmente l’Unità europea è destinata a fallire e la crisi economica determinerà l’implosione della stessa moneta unica.

Su questi temi la Fondazione Cercare Ancora, in collaborazione con la Fondazione Roma e l’istituto Luigi Sturzo, terrà da giovedì pomeriggio a sabato mattina prossimi unconvegno (Via delle Coppelle 35 Roma) diviso in quattro sessioni che saranno aperte dalle relazioni di James Kenneth Galbraith, Heinz Bierbaum, Etienne Balibar e Marco Revelli e concluse da Fausto Bertinotti.

* Direttore della Fondazione Cercare Ancora

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