giovedì 26 settembre 2013

LA CRISI DELL'ACCIAIO Ilva, via alla procedura di infrazione contro l'Italia.


L'ok dall'Europa.Violate le direttive sulla responsabilità ambientale e l'adeguamento della legge alle linee europee. 


Ilva di TarantoIlva di Taranto
ROMA - L’ufficialità è arrivata a mezzogiorno: la Commissione europea ha avviato la procedura di infrazione sull’Ilva per violazione delle direttive sulla responsabilità ambientale e un’altra sul mancato adeguamento della legislazione italiana alle direttive europee in materia di emissioni industriali. Lo dichiara, da Bruxelles, Monica Frassoni, presidente del Partito verde europeo ed esponente di Green Italia. Questo è un duro colpo per la credibilità dell’Italia in materia ambientale, perché sotto accusa sono stati messi i provvedimenti adottati per la vicenda Ilva da tre governi: Berlusconi, Monti e Letta. Né sono servite le rassicurazioni del ministro Andrea Orlando inviate a fine luglio alla Commissione e nemmeno il dettagliato resoconto fatto dal responsabile dell’Ambiente al commissario Janez Potocnik. DA BRUXELLES - Secondo quanto spiegano a Bruxelles, la maggior parte dei problemi deriva dalla «mancata riduzione degli elevati livelli di emissioni non controllate generate durante il processo di produzione dell'acciaio». Ai sensi della direttiva sulla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento («direttiva IPPC») le attività industriali ad alto potenziale inquinante devono infatti essere munite di autorizzazione. Le prove di laboratorio «evidenziano un forte inquinamento dell'aria, del suolo, delle acque di superficie e delle falde acquifere, sia sul sito dell'Ilva, sia nelle zone abitate adiacenti della città di Taranto. In particolare, l'inquinamento del quartiere cittadino di Tamburi è riconducibile alle attività dell'acciaieria». Oltre a queste violazioni della direttiva IPPC e al conseguente inquinamento, risulta che «le autorità italiane non hanno garantito che l'operatore dello stabilimento dell'Ilva di Taranto adottasse le misure correttive necessarie e sostenesse i costi di tali misure per rimediare ai danni già causati».

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