venerdì 31 maggio 2013

"Paese indietro di 25 anni, urgono le riforme non si costruisce niente sulla difesa delle rendite"

La relazione annuale del governatore Visco:  "Compiere i passi necessari per uscire dalla crisi ma soprattutto da ritardi atavici, che ci hanno fatto sprofondare nella recessione più di altri Paesi". "I provvedimenti non vanno solo promossi, vanno anche attuati. Anche le imprese devono fare la loro parte, promuovendo investimenti e innovazione, ma va ridotto il cuneo fiscale che pesa sul lavoro".  di ROSARIA AMATO repubblica.it


ROMA - Possiamo farcela, ma solo se chi governa riuscirà a promuovere e soprattutto ad attuare un sistema di riforme efficaci e lungimiranti. E' il messaggio finale del governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco, all'Assemblea Annuale. "Non si costruisce niente sulla difesa delle rendite e del proprio particolare, si arretra tutti. - ammonisce Visco - Occorre consapevolezza, solidarietà, lungimiranza. Interventi e stimoli ben disegnati, anche se puntano a trasformare il Paese in un arco di tempo non breve, produrranno la fiducia che serve per decidere che già oggi vale la pena di impegnarsi, lavorare, investire".

E invece "l'azione di riforma ha perso vigore nel corso dell'anno passato, anche per il progressivo deterioramento del clima politico", rileva il governatore. Non solo, i provvedimenti già approvati rischiano di rimanere lettera morta, l'Italia rimane il Paese delle grida manzoniane: "In molti casi, varate le riforme, hanno tardato, talvolta ancora mancano, i provvedimenti attuativi; non sono cambiati i comportamenti dell'amministrazione. E' un tratto ricorrente dell'esperienza storica del nostro Paese: le principali difficoltà non risiedono tanto nel contenuto delle norme, quanto nella loro concreta applicazione".

Una crisi che viene da lontano. E non si tratta solo di incapacità, la nostra classe dirigente, ricorda Visco senza fare sconti, si porta dietro un problema atavico: "I rappresentanti politici stentano a mediare tra interesse generale e interessi particolari: i cittadini ne ricevono segnali contrastanti e incerti". Quindi non facciamoci illusione, la crisi nella quale l'Italia è sprofondata non viene da fuori, non del tutto, almeno: "Le origini finanziarie e internazionali della crisi, cui si è soprattutto rivolta l'attenzione delle autorità di politica economica, non devono far dimenticare che in Italia, più che in altri Paesi, gli andamenti ciclici si sovrappongono a gravi debolezze strutturali. Lo mostra, già nei dieci anni antecedenti la crisi, l'evoluzione complessiva della nostra economia, peggiore di quella di quasi tutti i principali Paesi sviluppati".

Coesione sociale a rischio. Gli effetti della crisi in questo momento non potrebbero essere peggiori: "La recessione sta segnando profondamente il potenziale produttivo, rischia di ripercuotersi sulla coesione sociale. Il prodotto interno lordo del 2012 è stato inferiore del 7 per cento rispetto a quello del 2007, il reddito disponibile delle famiglie di oltre il 9, la produzione di un quarto. Le ore lavorate sono state il 5,5 per cento in meno, la riduzione del numero di persone occupate superiore al mezzo milione. Il tasso di disoccupazione, pressoché raddoppiato rispetto al 2007 e pari all'11,5 per cento lo scorso marzo, si è avvicinato al 40 tra i più giovani, ha superato questa percentuale per quelli residenti nel Mezzogiorno".

Ripresa possibile. Eppure l'uscita dal tunnel potrebbe essere vicina: se "anche quest'anno si chiuderà con un forte calo dell'attività produttiva e dell'occupazione", tuttavia "l'inversione del ciclo economico verso la fine dell'anno è possibile; dipenderà dall'accelerazione del commercio mondiale, dall'attuazione di politiche economiche adeguate, dall'evoluzione positiva delle aspettative e delle condizioni per investire, dalla disponibilità di credito".

Attenzione ai conti pubblici. Per quest'anno i margini di manovra delle risorse economiche da parte del governo è piuttosto limitato. "La correzione dei conti pubblici - riconosce il governatore - ha contribuito a ridimensionare le tensioni sul mercato dei titoli di Stato, evitando scenari peggiori". E dunque "i progressi conseguiti vanno preservati. Disperderli avrebbe conseguenze gravi". Nonostante il respiro di sollievo seguito alla chiusura della procedura Ue per deficit eccessivo, avvenuta qualche giorno fa, "per quest'anno non ci sono margini di aumento del disavanzo; sono stati assorbiti dalla decisione di pagare i debiti commerciali in conto capitale delle amministrazioni pubbliche". Decisione che via Nazionale mostra di approvare, precisando anzi che "non devono formarsi nuovi debiti della specie".

Un ritardo di 25 anni. Occhio alla spesa pubblica, dunque, anche perché "le tensioni sui mercati dei titoli di Stato non sono del tutto sopite", ma grande impulso alle riforme, non c'è tempo da perdere. L'Italia sconta un ritardo epocale: "Non siamo stati capaci di rispondere agli straordinari cambiamenti geopolitici, tecnologici e demografici degli ultimi venticinque anni". E' per questo che "l'aggiustamento richiesto e così a lungo rinviato ha una portata storica" e "necessita del contributo decisivo della politica , ma è essenziale la risposta della società e di tutte le forze produttive".

Il ruolo delle imprese. A cominciare da quello delle imprese, "chiamate a uno sforzo eccezionale per garantire il successo della trasformazione, investendo risorse proprie, aprendosi alle opportunità di crescita, adeguando la struttura societaria e i modelli organizzativi, puntando sull'innovazione, sulla capacità di essere presenti sui mercati più dinamici". Alcune lo stanno già facendo, riconosce Visco, ma "troppo poche hanno accettato fino in fondo questa sfida; a volte si preferisce, illusoriamente, invocare come soluzione il sostegno pubblico".

Ridurre il cuneo fiscale. Il che non significa che non debba esserci un sostegno pubblico, ma non sotto forma di sussidi; piuttosto, ancora una volta, in termini di risorse, a cominciare dalla promozione di "condizioni favorevoli all'attività d'impresa, alla riallocazione dei fattori produttivi". Serve la semplificazione amministrativa che intervenga su un "quadro regolamentare ridondante", le imprese soffrono anche per la mancanza di certezza del diritto, la corruzione, "una insufficiente protezione dalla criminalità". Serve, soprattutto, una riduzione "del cuneo fiscale che grava sul lavoro, frena l'occupazione e l'attività d'impresa".

I giovani. Anche il sistema scolastico e in generale la formazione va riformata, per permettere ai giovani di inserirsi, perché "negli anni a venire i giovani non potranno semplicemente contare di rimpiazzare i più anziani nel loro posto di lavoro". Va promossa l'imprenditorialità, ma soprattutto "la formazione professionale andrà sviluppata per coprire una intera vita lavorativa caratterizzata dalla mobilità e dal cambiamento, da tutelare con rafforzati sistemi di protezione e assicurazione, pubblici e privati, nei periodi di inattività. La scuola, l'università dovranno sostenere questo processo garantendo un'istruzione adeguata per qualità e quantità".

Mps: operato con correttezza. Sulla complessa vicenda del Monte dei Paschi di Siena Visco rivendica la correttezza dell'operato della Banca d'Italia. "L'azione di supervisione sul Monte dei Paschi negli ultimi anni è stata continua e di intensità crescente; l'autorità giudiziaria valuterà se essa sia stata ostacolata da passati amministratori e gestori. Abbiamo operato con correttezza, impegno e attenzione". Il governatore definisce anche "ambiziosi" gli obiettivi del piano di ristrutturazione messo a punto dai nuovi vertici di Rocca Salimbeni. "Il suo successo", sottolinea, "dipenderà anche dall'evoluzione del contesto economico e finanziario".

Banche più forti, ma devono rinnovarsi. "Le nostre banche appaiono in grado di fronteggiare shock avversi grazie alla loro patrimonializzazione e alla liquidità fornita dall'Eurosistema", rileva Visco. Tuttavia anche il sistema bancario deve rinnovarsi, così come il resto del Paese. Intanto ci sono ancora margini di riduzione dei costi operativi: Bankitalia suggerisce di ridurre anche "dividendi, remunerazioni di amministratori e dirigenti, in coerenza con la situazione reddituale e patrimoniale". E poi, a giudizio di via Nazionale, le banche non hanno puntato a sufficienza finora sull'innovazione: "Il cambiamento nell'impiego dei fattori produttivi e dei canali distributivi va favorito, sfruttando appieno le opportunità offerte dalle nuove tecnologie. Negli ultimi quindici anni è cresciuta l'importanza del canale telematico nei rapporti con la clientela. Modeste sono state, tuttavia, le implicazioni sulla rete tradizionale". Eppure "la differenziazione nell'utilizzo di questi canali" "potrebbe contribuire a invertire la tendenza alla crescita del rapporto tra costi e ricavi registrata nell'industria bancaria italiana negli ultimi dieci anni".

 
(31 maggio 2013)

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