venerdì 31 agosto 2012

Corsi e ricorsi


 Fecondazione assistita: No ai trattamenti per le donne obese o fumatrici

ilmanifesto Micaela Bongi
Ecco qui, anche dietro al governo «tecnico», la vecchia politica italiana dura a morire. Non quella delle «solite facce» sulle quali ci si accapiglia in lungo e in largo sorvolando sui contenuti (Grillo non ha speso una parola sull'ultima sentenza della Corte di Strasburgo, e del resto finora non lo ha fatto neanche Bersani). Ma quella che, su alcune questioni cosiddette «non negoziabili», chiunque risieda a palazzo Chigi continua a essere dettata dalle gerarchie cattoliche, trovando terreno più che fertile. 



Una scelta tecnica. Un atto scontato e pressoché dovuto, perché è consuetudine di uno stato difendere le sue leggi davanti alle Corti europee. Potrebbe chiudersi qui, senza troppe polemiche, la discussione sull'opportunità, da parte del governo Monti, di presentare ricorso contro la sentenza della Corte europea dei diritti umani sulla fecondazione assistita. Non è questo il caso, purtroppo. Gli argomenti con i quali il ministro della salute Renato Balduzzi sostiene la necessità del ricorso, fanno capire che di scelta politica - e ideologica - si tratta. Il ministro si aspetta che anche l'ordinamento del Consiglio d'Europa riconosca «il bilanciamento tra la soggettività giuridica dell'embrione, la tutela della salute della madre e altri valori, principi e interessi coinvolti». E ritiene che la legge sulla fecondazione assistita potrebbe sì essere modificata, e anche con l'apporto del governo, altroché. Ma solo se ciò servisse a «riaffermare il no a una deriva verso soluzioni di tipo eugenetico».
La posizione non potrebbe essere più chiara. E in totale sintonia con quella della Cei: il quotidiano dei vescovi italiani ieri tuonava contro la «sentenza eugenetica», appunto. E sempre ieri il presidente della Conferenza episcopale Angelo Bagnasco ha vestito persino i panni del giurista e, tra una considerazione sulla legge elettorale («penso si vada verso una concretezza») e una sulla necessità della «riforma dello stato», ha denunciato che la magistratura italiana è stata «surclassata» da quella europea.
Solo un accenno alla questione, dopo un'omelia nella quale Bagnasco ha anche invitato, nell'ottica di una «rifondazione della politica», a superare le «prospettive ideologiche» per «tenere ben saldo il legame con quei valori che fanno parte della nostra storia e ne costituiscono il tessuto profondo». E lanciato l'appello della Chiesa «alla responsabilità dell'intera società nelle sue articolazioni - istituzioni, mondo politico e della finanza, del lavoro e delle sue rappresentanze - perché prevalga il bene generale su qualunque altro interesse». Se non una esplicita benedizione a un nuovo governo di larghe intese guidato da Mario Monti, una nuova chiamata alle armi dei politici cattolici di tutti gli schieramenti, con un programma chiaro: «La gente non perdonerà a nessuno la poca considerazione verso la famiglia», ha ammonito tra l'altro il capo dei vescovi italiani. E l'avvertimento sembra rivolto anche a Pier Ferdinando Casini, che flirtando con il Pd in vista di future alleanze si era lasciato andare anche a un'apertura verso il riconoscimento delle coppie omosessuali. (Ma poi Casini aveva fatto un esagerato mea culpa per quella concessione, sfoderando gli argomenti più retrivi come i matrimoni gay sono «un'idea incivile»» e «una violenza della natura sulla natura»).
L'attivismo della Chiesa in vista delle prossime elezioni è ricambiato da quello di alcuni ministri e dello stesso presidente del consiglio. Tre giorni fa Mario Monti ha ritenuto di dover discutere la sua famosa «agenda» non solo al Quirinale con Giorgio Napolitano, ma anche con papa Ratzinger, che ha ricevuto il premier in udienza privata a Castel Gandolfo. Il settimo incontro tra i due in dieci mesi.
Nel frettempo continuano le grandi manovre al centro e i diversi ministri di provenienza cattolica restano in odore di candidatura politica. Come lo stesso Renato Balduzzi, che due giorni fa, intervenendo alla Settimana teologica del Movimento ecclesiale di impegno culturale di cui è stato presidente, ha tra l'altro sostenuto che una nuova cultura politica passa anche per una riforma della legge elettorale che non sacrifichi il principio di rappresentanza. Considerazione sacrosanta, ma forse in questo caso anche interessata.
Il ministro per la cooperazione internazionale e fondatore di sant'Egidio, Andrea Riccardi, per quanto lo riguarda continua a smentire una sua «scesa in campo» salutando comunque con favore quella di altri ministri. Nel frattempo dà man forte al collega della sanità cercando di portare avanti il decretone su gioco, fumo e bibite gassate, rallentato dal ministro dell'economia Vittorio Grilli e invece benedetto da Bagnasco in persona. Del resto ora sono proprio Balduzzi e Riccardi i «campioni» di Avvenire.
Ieri il direttore del quotidiano dei vescovi, Andrea Tarquinio, era perentorio: lo «stato biscazziere», scriveva in un editoriale, «non può piacere o essere ancora tollerato da nessun politico e governante responsabile. L'impegno delineato dalle misure predisposte dal ministro Balduzzi e da quelle annunciate dal ministro Riccardi (contro la pubblicità ingannevole) non può e non deve essere smentito o anche solo raffreddato».

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